Torino, dopo 20 anni chiude Demir storico kebabbaro di piazza Adriano

Arrivò in Italia per fare da badante a un bambino malato di epilessia, poi tante esperienze fino alla sfida di mettersi in proprio e diventare un riferimento.

Chiude lo storico kebabbaro di piazza Adriano a Torino. Dopo vent’anni di attività, Ergulu Demir, potrebbe lasciare gli spazi che l’hanno reso famoso per i suoi preparati etnici a base di carne italiana. A causa del nuovo regolamento sui dehors sarà costretto a smontare gran parte del suo chiosco entro il giorno di san Valentino. «Altrimenti la struttura sarà sequestrata e smantellata dalle autorità giudiziarie — racconta preoccupatissimo l’imprenditore turco arrivato in Italia nel 1986 per accudire un bambino malato di epilessia — che poi fortunatamente dopo qualche anno è guarito».

Quella di Demir è una storia a lieto fine; un percorso d’integrazione, accoglienza, e di piccoli grandi successi quotidiani. Fino a oggi, almeno. L’idea di dover rinunciare al suo storico chiosco, infatti, lo spaventa parecchio. «Abbiamo preso contatto con alcuni avvocati con la speranza di poter almeno rimandare l’abbattimento del dehors che, per noi, significherebbe rinunciare al sessanta per cento del fatturato — continua — e quindi chiudere e ricominciare da capo da un’altra parte». La clientela del chiosco di piazza Adriano è principalmente italiana; fra loro anche «La sindaca Appendino, che conosco da quando aveva quattordici anni perché era già nostra cliente. Quando si è candidata, il mio voto è andato a lei perché pensavo che una giovane potesse avere uno sguardo moderno e innovativo sul mondo, ma mi sbagliavo. Sta davvero mettendo in ginocchio il commercio».

Dopo i primi due anni e mezzo in Italia, da badante, Ergulu Demir inizia a lavorare in cucina, come lavapiatti. Per sei anni è stato dipendente di un ristorante delle Valli di Lanzo. «La cuoca era una signora pugliese che mi ha preso in simpatia — ricorda — e mi ha in segnato i trucchi della cucina italiana». Anche i titolari lo presero a cuore e, quando si trasferirono a Santo Stefano a Mare in provincia di Imperia, lo portarono a lavorare con loro. Lui, però, sente il bisogno di tornare a Torino che sente diventare sempre più casa sua. «Qui mi sono innamorato, sposato e diventato padre di due ragazzi cittadini italiani, uno studente di architettura e uno alle scuole superiori — continua — quando vado in Turchia, dopo un mese mi manca Torino e non vedo l’ora di tornarci».

È appena iniziato il nuovo millennio quando il signor Ergulu, intanto rientrato sotto la Mole, lascia la cucina del ristorante «La Fila» in piazza Carignano per diventare imprenditore di se stesso. E, dopo un paio d’anni in proprio, in via Monginevro, si trasferisce in piazza Adriano. «Era la fine degli anni Novanta quando, guardandomi intorno, ho capito che la mi cucina tipica era sconosciuta in città — rivela — così mi sono fatto coraggio e, grazie all’appoggio di alcuni amici, sono riuscito a ottenere un prestito in banca per avviare». All’epoca i kebab di Torino si contavano sulle dita di una mano. Oggi superano il centinaio ma, quello di Demir, rimane un locale etnico in pratica unico nel suo genere. «Abbiamo voluto distinguerci da altri negozi usando solo animali allevati e macellati in Piemonte che lavoriamo nel nostro laboratorio di Ivrea — spiega ancora il commerciante — dove arrivano le cosce fresche e siamo noi a disossarle, tagliarle a fette e lasciarle a bagno una notte con latte vaccino e cipolla per poi per farne i tipici doner». Lo storico chiosco di Ergulu Demir oggi conta sette dipendenti. «Brava gente — finisce l’uomo, commosso — che dovrà cercarsi un altro lavoro se sarò costretto a chiudere».
di Simona De Ciero

Ergulu Demir